COMUNICATO STAMPA n. 822/22 G.M. del 26.10.22
Tavola rotonda “Pagliano: nuovi progetti di ricerca e valorizzazione di un sito archeologico alla confluenza tra Paglia e Tevere”
• Sabato 29 ottobre h 17:30, presso Centro Culturale Ricreativo di Corbara a cura di Fondazione per il Centro Studi “Città di Orvieto”, Associazione culturale Vitis Sapientiae e Associazione culturale Il Giglio di Corbara
(ON/AF) – ORVIETO – Tornano a riaccendersi i riflettori sul porto fluviale romano di Pagliano, emergenza archeologica di grande interesse alla quale è dedicata la tavola rotonda in programma il prossimo sabato 29 ottobre, alle ore 17.:30, nella sede del Centro Culturale Ricreativo di Corbara.
“Pagliano: nuovi progetti di ricerca e valorizzazione di un sito archeologico alla confluenza tra Paglia e Tevere” è, infatti, il tema dell’iniziativa pubblica scaturita dalla collaborazione tra la Fondazione per il Centro Studi “Città di Orvieto”, l’Associazione culturale Vitis Sapientiae e l’Associazione culturale Il Giglio di Corbara.
La conferenza sarà aperta da Liliana Grasso, presidente della Fondazione CSCO e da Giancarlo Polleggioni coordinatore delle attività del Centro Culturale “Il Giglio” di Corbara.
La tavola rotonda, moderata dall’archeologa Benedetta Cosimi, presidente di Vitis Sapientiae, sarà animata dagli interventi di: Paolo Bruschetti, già ispettore di zona dell’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Orvieto e responsabile scientifico delle campagne di scavo condotte presso l’area di Pagliano; Maurizio Conticelli, già dirigente presso la locale Comunità Montana, prima, e l’Agenzia Forestale Regionale dell’Umbria, poi; l’esperto topografo Francesco Cosimi che ha fornito un importante contributo allo studio sistematico del sito; Stefano Talamoni, che porterà la propria testimonianza diretta sulle attività della Scuola di Etruscologia e Archeologia dell’Italia Antica, protagonista di un decennio di campagne di scavo e d’indagini scientifiche sul sito di Pagliano, e Alessandro Trapassi, archeologo, che ha partecipato a tutte le campagne, coordinando in qualità di tutor il lavoro dei numerosi studenti ed archeologi laureati che si sono avvicendati nei vari “campi scuola”.
Con l’iniziativa in programma a Corbara, gli organizzatori intendono mantenere viva l’attenzione di studiosi, pubbliche istituzioni e comunità locali sul tema della salvaguardia di una delle principali aree archeologiche del nostro territorio e sul progetto per la sua valorizzazione, avviato con entusiasmo e grande partecipazione ma bloccato purtroppo dall’alluvione del novembre 2012. Per molti anni, infatti, a partire dal 2000 l’area è stata oggetto delle campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza Umbra e, poi, dalla Scuola di Etruscologia ed Archeologia dell’Italia Antica con i “campi scuola” a cui partecipavano numerosi studenti provenienti da diverse università italiane.
Le attuali condizioni del sito, letteralmente sepolto sotto migliaia di metri cubi di fango e detriti e ricoperto da una fitta vegetazione – fanno sapere gli organizzatori della tavola rotonda – inducono le autorità competenti e gli enti culturali del territorio a formulare progetti finalizzati allo studio, alla documentazione ed alla valorizzazione dell’ingente mole di reperti archeologici provenienti dalle precedenti campagne di scavo, ma anche a specifiche attività di alta formazione che prenderanno il via sotto l’egida della Scuola di Etruscologia e Archeologia dell’Italia Antica.
Alla tavola rotonda farà seguito una cena di “autofinanziamento” il cui ricavato sarà devoluto a sostegno delle attività di ricerca e formazione sui reperti restituiti dalle campagne di scavo condotte dalla Scuola a Pagliano dal 2002 al 2006. È necessario prenotarsi entro giovedì 27 ottobre, chiamando al 348.3806908 o al 320.3224490.
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L’area archeologica di Pagliano si trova nelle immediate vicinanze della confluenza del fiume Tevere con il Paglia, a poca distanza da Orvieto (Velzna per gli Etruschi, Volsinii per i romani, una zona economicamente strategica nell’antichità, dominata e controllata dal grande insediamento volsiniese di Castellonchio. La zona compresa tra i due fiumi forma una sorta di triangolo sopraelevato rispetto al terreno circostante; l’intera area archeologica si estende per circa 8000 metri quadrati.
Non vi sono notizie che riguardano scavi effettuati a Pagliano prima della fine dell’Ottocento. In seguito a lavori agricoli effettuati per la ricerca di acqua nella Tenuta di Corbara, di proprietà dell’allora Banca Romana, furono ritrovati, come venne annotato all’epoca, ‘alcuni piccoli oggetti e frammenti antichi, e, in seguito a ciò, l’ingegnere Riccardo Mancini, noto per le lunghe campagne di scavo nelle necropoli orvietane di Cannicella e di Crocefisso del Tufo, fu incaricato di condurre, tra il 1889 e il 1890, una serie di scavi all’interno dell’area archeologica di Pagliano. Le ricerche riportarono alla luce, oltre a un gran numero di reperti, una serie di ambienti di grandi dimensioni, in tutto 70, di cui solo 28 vennero allora esplorati. Mancini produsse una notevole documentazione e, in un rapporto preliminare alla prima campagna di scavo, interpretò le strutture venute alla luce come i resti di un grande edificio termale.
Il primo ad ipotizzare che si potesse trattare di un porto fu Annibale Ricci nel 1913. Nello scrivere la sua opera dal titolo, “Storia di un comune rurale dell’Umbria (Baschi)”, e, per l’appunto riferendosi a Pagliano, affermò che i resti si potevano interpretare come quelli “di una stazione di navigatori annessa forse a qualche grande villa”.
Nel 1957 Cesare Morelli eseguì una ricognizione dell’area archeologica, di cui pubblicò una pianta completa nell’ambito di un articolo edito nel Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano, in cui si confermava in via definitiva l’interpretazione delle strutture come pertinenti ad un impianto portuale.
Ma negli anni compresi tra il 1962-65 sorsero nuovi problemi per Pagliano: la costruzione dell’Autostrada del Sole portò, infatti, all’occupazione dell’area archeologica per la costruzione di un grande cantiere stradale, con l’insediamento delle baracche per gli operai e dei depositi per i materiali, di cui sono ancora visibili le vestigia. Alcune strutture di epoca romana rimaste ancora in vista vennero abbattute per far posto a questi edifici provvisori.
A partire dal 2001 ha avuto inizio una nuova stagione per Pagliano: l’ENEL ha effettuato una prima ripulitura dell’area archeologica partendo dalle sponde a ridosso dei fiumi, e poi, proseguendo con la rimozione completa della vegetazione, ha riportato alla luce gran parte della struttura. La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, a questo punto, ha provveduto al consolidamento delle strutture conservate ed all’effettuazione di nuove indagini di scavo.
In un settore nell’area archeologica di Pagliano, dal 2002 al 2006 è stato attivo il Campo Scuola organizzato dalla Scuola di Etruscologia e Archeologia dell’Italia Antica, istituita d’intesa tra la Fondazione per il Centro Studi “Città di Orvieto” e la Fondazione per il Museo “Claudio Faina”.
Qui decine di giovani archeologi hanno potuto svolgere sul campo tutte le funzioni che fanno parte del bagaglio professionale di un archeologo: dal rilievo delle strutture al disegno dei materiali ed alla loro classificazione.
Alla luce degli sudi finora compiuti, si può affermare che a Pagliano si sviluppò un importante insediamento portuale di epoca romana che, in base allo studio preliminare delle monete e degli altri reperti ritrovati negli scavi ottocenteschi e, di recente, nelle indagini effettuate dalla Scuola di Etruscologia e dalla Soprintendenza, sembra essere stato attivo agli inizi del I sec. a.C. fino all’intero arco del IV sec. d. C. Il dato più recente ricavabile dal materiale numismatico è rappresentato da monete di Arcadio, databili al 408 d.C.
Quest’area ha svolto, sin da epoca molto antica, la funzione di centro di raccolta e smercio di prodotti e manufatti provenienti dall’Etruria interna e dai centri produttivi limitrofi. Qui venivano non solo imbarcate merci per Roma, ma anche prodotti agricoli del territorio orvietano, come olio, vino e grano. Non meraviglia, quindi, il ritrovamento di numerose macine in pietra, in uno degli ambienti più grandi del complesso archeologico.
Oltre a questo tipo di prodotti semilavorati, transitava per Pagliano anche ceramica aretina sigillata, prodotta nel vicino insediamento di Scoppieto presso Baschi, e poi trasportata a Roma lungo il Tevere, che in epoca antica rappresentava una delle principali vie fluviali di penetrazione commerciale e trait d’union fra l’Etruria interna e Roma. Di questo parlano ampiamente gli autori classici (Plinio, Strabone e Livio), con particolare riferimento al tipo di trasporti ed alla navigabilità del Tevere, del Paglia e degli altri maggiori affluenti.
Il territorio circostante è caratterizzato da insediamenti produttivi, come Scoppieto, strategici, come quello sovrastante di Castellonchio, ed agricoli, come quello attestato dalla necropoli di tombe a camera in località Vallone di S. Lorenzo, sulla riva sinistra del Tevere, presso Montecchio. Da non dimenticare l’insediamento di Sermugnano e quello di Pianello nelle immediate vicinanze dell’attuale abitato di Castiglione in Teverina, anch’essi non molto lontano da Pagliano. Pagliano è ed è stato tutto questo, evidenziano i promotori dell’incontro.
Nel 2009 e nel 2010, le indagini geomagnetiche, condotte dal Dipartimento Uomo e Territorio dell’Università degli Studi di Perugia su incarico della Fondazione per il Centro Studi “Città di Orvieto” per la Scuola di Etruscologia e Archeologia dell’Italia Antica, hanno evidenziato diverse anomalie magnetiche che potrebbero riservare grosse sorprese: ciò ha permesso di indagare in maniera del tutto diversa l’area archeologica, rivelando che qualcosa di nuovo e di interessante potrebbe essere nascosto al di sotto delle strutture evidenti.
Dalla fine delle campagne di scavo condotte a Pagliano, l’area archeologica – che fa parte del Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano e del Parco fluviale del Tevere – è stata di nuovo gradualmente e lentamente abbandonata a sé stessa: piano piano la vegetazione ha iniziato di nuovo a ricoprire le strutture già precedentemente scoperte e ripulite, anche sulle nuove strutture portate alla luce dalla Scuola di Etruscologia, rendendo vano quello che era stato fatto fino ad allora.
Il colpo finale a Pagliano è stato inferto dalla piena del fiume Paglia del novembre 2012 che, oltre a sconvolgere totalmente le zone attorno a Orvieto Scalo ed a mettere in ginocchio diverse attività produttive e commerciali, ha letteralmente fagocitato anche l’area archeologica di Pagliano.